Un'interpretazione teologica - La Madonna del Lume di Melara

La Madonna del Lume di Melara
A cura di Mariadele Orioli e Fausto Soffiatti
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UN'INTERPRETAZIONE TEOLOGICA

Io sono la luce del mondo “ (Gv 8, 12), ha affermato Gesù.
La Madonna è la Madre di questa Luce: è la Madre Santissima dell’Eterno Lume. Questo “nuovo Titolo” che la stessa Vergine ha voluto attribuirsi è splendido; è il Titolo più radioso e incontestabile che si possa conferire alla Vergine Immacolata.
Virgen de la Luz, “Vergine della Luce”: così la Madonna del Lume è conosciuta e invocata in vari luoghi dell’America Latina dove, agli inizi del Settecento, i Gesuiti ne portarono dalla Sicilia il culto, che diffusero con la parola, con gli scritti, con le copie della sua Immagine originale: il Dipinto benedetto che proprio la nostra chiesa di Melara ha il privilegio di conservare.
Il motivo per cui la Madonna ha voluto questo Dipinto e l’appellativo “nuovo” di “Madre della Luce”, custodiscono diversi importanti contenuti.
Per cominciare, la Madonna del Lume è “missionaria”. Il significato missionario di questa Immagine è evidente: il Dipinto è stato realizzato in seguito all’umile richiesta presentata alla Madonna da parte di un missionario che desiderava la Madre di Dio come protezione e guida nella sua evangelizzazione; inoltre, indipendentemente da questo fatto particolare, la Luce che illumina il mondo, cioè Cristo, è portata nel mondo dai missionari, che predicano il Vangelo e testimoniano Cristo con la loro vita.
In secondo luogo, la Madonna del Lume è “pellegrina”. È quell’emigrante che dovette fuggire in esilio in Egitto col Santo Bambino fra le braccia, ed è Colei che anche in questa Sacra Tela ha peregrinato moltissimo: dalla Sicilia è andata in missione in Messico, e poi nel resto del mondo, sostenendo e benedicendo la predicazione dei missionari, e ottenendo ovunque grazie di conversione.
La Madonna del Lume è anche la “navigante”, perché ha viaggiato molto soprattutto sull’acqua: ha attraversato mari ed oceani, e ha navigato anche sull’acqua del Po.
Sappiamo che la “comparsa” più o meno misteriosa di gran parte delle Immagini della Madonna del Lume nel mondo è legata all’acqua. E sappiamo che nell’Antico Testamento l’acqua era simbolo del male, qui rappresentato dal mostro nero. Soltanto con Cristo l’acqua è divenuta simbolo di vita e di salvezza.
La Madre del Cristo-Luce è dunque la Pellegrina, la Navigante, la Missionaria che porta la Luce in questo nostro mondo impazzito, confuso, impaurito, e lo difende del male, da ogni male, intercedendo presso il Figlio per ottenerci ogni grazia e guidarci alla salvezza.
Voi siete la luce del mondo”, aveva anche detto Gesù, cioè voi cristiani siete coloro che fanno luce, che portano la luce di Cristo nelle tenebre del mondo. Incarnandosi, Cristo si è rivestito della nostra carne, e ha assunto la nostra umanità, e l’ha redenta, l’ha salvata, l’ha impregnata di luce, della Sua luce. Ma, come dice San Giovanni nel Prologo del suo Vangelo, “le tenebre non l’hanno accolta”. Questa Luce però vive nascosta in noi, e attende che accogliamo un soffio di Spirito per poter divampare e illuminarci.
Nell’angolo inferiore sinistro della Tela, la testa del mostro dai lineamenti quasi umani, con le fauci spalancate e i denti aguzzi, rappresenta il male, il demonio.
La testa è la sede della ragione, dell’intelligenza, dei pensieri.
Sicuramente questa presenza del maligno disturba la nostra intelligenza e inquieta il nostro cuore.
Non è certo per caso che la Vergine ha “voluto” questa Sua nuova Immagine e questo suo nuovo Titolo  proprio nel Settecento: il Settecento era il secolo dell’illuminismo che esaltava l’intelligenza umana, era il secolo in cui si cominciava a negare la realtà del demonio, lo si stava relegando nell’archivio dei miti e delle favole (“Togli Dio – diceva p. Barsotti – e non vedi più il male”). Il demonio si chiamava “Lucifero”, che significa “portatore di luce”: a volte infatti si presenta a noi come “angelo di luce” (“satana si maschera da angelo di luce”, dice s. Paolo, 2Cor 11,14). E ci inganna con le sue luci false, e ci abbaglia, e ci fa prigionieri della menzogna. La Vergine è venuta a ricordarci che, nonostante le grandi scoperte della scienza e la volontà di autosufficienza dell’uomo moderno, “la Luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9), è Suo Figlio, Gesù, il Cristo.
In questo Dipinto il demonio è rappresentato come l’essere concreto che in effetti è, una presenza reale, forte, viva e intelligente che agisce nel mondo e nell’uomo, anche attraverso l’uomo, cercando di condizionarne la mente e la vita presentando tratti anche umani (logica umana, ragionamenti umani, giustizie umane ecc.), per fagocitarlo nel suo buio. Contro le forze del Male l’uomo da solo non può fare niente; ha assoluto bisogno della Grazia e dell’aiuto del Lume Eterno, cioè di Cristo.
Nel Settecento, il “secolo dei lumi”, la scienza si affermò come esaltazione dell’intelligenza umana e cominciò a pretendere di cancellare Dio proponendosi come nuova religione. Da quel tempo lontano le cose non sono cambiate, anzi: il messaggio del nostro Dipinto è più che mai attuale, perché mai come oggi l’uomo si è sentito così fortemente “dio”, così arrogante e presuntuoso, pagano e ateo, autosufficiente e indipendente, superbo padrone della vita e della morte.
La gola ampia e profonda del mostro nero è la rappresentazione di tutto il male che ci minaccia, e che non sempre riusciamo a riconoscere come tale: il peccato prima di tutto, il peccato d’orgoglio soprattutto, cioè la presunzione di essere dèi, ma anche tutte le sue conseguenze: il rifiuto di Dio, il vuoto interiore, gli inganni della mente oscurata dalla vanagloria, e le paure, le difficoltà, le angosce, le malattie, le guerre, i disastri naturali ecc., insomma tutto ciò che, nonostante le nostre vane certezze, ci mantiene nel buio e turba la nostra pace.
Il mostro sta per addentare un’anima, rappresentata da un giovane quasi nudo, coperto appena da un lenzuolo, cioè talmente inerme e vulnerabile che con le sue sole forze non potrebbe né difendersi né salvarsi. Ciò significa che se vogliamo incontrare Gesù dobbiamo spogliarci di tutte le nostre sovrastrutture. Il lenzuolo che avvolge il giovane rivela l’inconsistenza delle nostre difese umane, che niente possono contro la potente ferocia del Male, e nello stesso tempo rappresenta anche il laccio delle passioni che ci attorcigliano il cuore e la vita, ma che si scioglie appena Maria ci afferra per sollevarci dal baratro che sta per inghiottirci.
Il giovane tiene un piede nella gola del mostro e un altro appena fuori. È cioè diviso in se stesso, alienato: è attirato verso il male ma anche proteso verso il bene. Umile e mite, in una preghiera silenziosa che rivela stupore e tremore, egli fissa lo sguardo sulla Vergine e sul Figlio. In questo giovane c’è chiaramente la volontà del bene, la volontà di essere salvato, ma c’è anche la consapevolezza che da solo non può fare niente, non ha nemmeno la forza di aggrapparsi alla mano di Maria che lo sta afferrando: può lasciarsi semplicemente sollevare da Lei, come un bambino che si fida ciecamente della madre. Il suo corpo non mostra alcuno sforzo, nessuna tensione fisica, sembra addirittura inerte; soltanto la mano destra sembra annaspare per cercare ancora un qualche appoggio materiale, perché istintivamente l’uomo cerca le certezze “concrete” che offre il mondo; l’altra mano invece si è lasciata afferrare dalla Vergine; le ginocchia del giovane sembrano non avere nemmeno la forza di sostenerlo. Tutto questo significa che l’uomo, anche quando vede il Bene, anche quando intimamente lo vuole, da solo non ha la capacità di raggiungerlo, perché è ingannato, trattenuto dai lacci della terra, e razionalmente “si fida” soprattutto delle sicurezze umane; può diventare libero soltanto con l’aiuto della Grazia di Dio, che gli viene concessa attraverso la Vergine.
La nostra salvezza non proviene né dai nostri sforzi né dalle nostre capacità, ma dalla sola misericordia di Dio che ci viene donata attraverso Sua Madre. Non è infatti la Madonna che libera e salva, ma Cristo. La Madonna intercede, difende, custodisce, protegge, preserva dal cadere nelle fauci del drago, ma non salva. (Probabilmente molti fedeli pensarono che la Madre del Lume salvasse dal Male e dall’inferno; e forse, sfruttando questo errore per vanificare l’intervento prodigioso di Maria, l’opera di p. Genovesi fu manipolata e messa all’Indice insieme con  la stessa Immagine. Padre Genovesi era un sacerdote, ed era anche molto devoto alla Vergine, quindi non poteva certo essere volutamente caduto in una svista così grossolana. Infatti tutto svanì nel nulla, il culto dilagò rapidamente, fu approvato e benedetto da quattro Pontefici, e i frutti di conversione si moltiplicarono in fretta).
Il giovane indifeso ci rappresenta tutti, senza distinzioni. È l’uomo che lotta sulla terra, sempre minacciato dalle forze del male, sempre in bilico tra perdizione e salvezza, sempre sull’orlo del baratro, sempre bisognoso della Luce e della Grazia, per potersi salvare.
E la Madre della Luce è sempre lì, pronta ad afferrarci se noi glielo chiediamo, pronta a strapparci da ogni buio e da ogni falsa e ingannevole luce, da ogni pericolo e da ogni male, se solo lo vogliamo.
In questo nostro tempo sempre più scristianizzato, in questo nostro mondo tenebroso, la Madre della Luce è la portatrice della Luce vera, è Colei che tende la mano per condurre alla salvezza. Perciò è la Mediatrice di grazia, ed è la Corredentrice del Figlio Redentore. È la protettrice di coloro che sono chiamati a essere luce, cioè di tutti noi cristiani, perché tutti noi cristiani siamo chiamati a essere “missionari”, cioè a testimoniare di essere “figli della luce” (Lc 16,8; Gv 12,36; Ef 5,8; 1Tess 5,5) e a portare la luce della nostra fede nell’ambiente in cui viviamo e nel ruolo che abbiamo.
La Vergine poggia i piedi sul capo di due Angeli che emergono dalle nubi del mondo: se il Male avvolge la terra e cerca di inghiottirla nella sua tenebra, gli Angeli la circondano e la proteggono, e custodiscono ciascuno di noi, vegliano su ciascuno di noi, a servizio della Luce.
Il Cristo-Luce, Colui che tiene in mano il cuore degli uomini, sembra levitare sul braccio sinistro della Madre. Egli veste una semplice tunica, e non la porpora regale, simbolo della Sua divinità; veste una tunica della stessa stoffa e dello stesso colore del lenzuolo che cinge il giovane. Secondo le parole di San Paolo ai Filippesi (2, 6-8), facendosi uomo Cristo ha incarnato l’immenso mistero dell’umiltà e, “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
Inginocchiato ai piedi del Santo Bambino c’è un Angelo che solleva un piccolo cesto.
Il Bambino tende il braccio sinistro verso il cestello che gli viene offerto dall’Angelo, e la sua mano si va aprendo...
E qui sta il messaggio fondamentale del Dipinto.
Il cestello è pieno di cuori fiammeggianti: sono i cuori degli uomini che, per intercessione della Vergine, sono stati salvati; sono i cuori che con l’aiuto della Vergine si sono convertiti a Gesù e ardono del fuoco dello Spirito Santo; sono i cuori che Gesù ha comprato con il suo Sangue, e che ora Egli depone nel cestello tenuto dall’Angelo perché vengano presentati al Padre.
Il Bambino Gesù tiene un cuore in entrambe le mani, e non resterà mai a mani vuote, perché mentre la sua mano sinistra continuerà a deporre cuori nel cestello dell’Angelo, la sua mano destra avrà sempre un altro cuore da cogliere, un cuore salvato anche per l’intercessione di Sua Madre.
È un’azione che si ripete ininterrottamente nel tempo e nel mondo; è l’opera incessante della Redenzione. Quel giovane che ci rappresenta tutti è chiamato a diventare “cuore”, perché ognuno di noi è chiamato a diventare “cuore”, perché ogni peccatore salvato, convertito, per intercessione della Vergine diventa “cuore” ardente, cioè un essere che, colmo di Spirito, brucia d’amore.
Il cestello lo vediamo già colmo di cuori. L’Angelo è ancora inginocchiato, ma sta per alzarsi, sta per sollevarsi in volo... Porterà questi cuori di fuoco davanti alla Gloria del Padre. Quando un Angelo volerà a Dio col cesto colmo dei cuori degli uomini salvati, inginocchiato ai piedi del Santo Bambino sarà subito presente un altro Angelo, con un altro cestello vuoto, pronto per essere ricolmato. Come dice Chiavegatti, “se proviamo a dilatare i confini di questo dipinto celestiale, ci apparirà l’immensa moltitudine degli Angeli che vide la veggente, messaggeri di Dio e custodi degli uomini e del mondo, santi mediatori che volano incessantemente tra Cielo e Terra”.
Viene da chiedersi perché per un’opera così sublime gli Angeli si servono di una cosa tanto povera e umile come un cestello di vimini. Questo ci dice che il cuore dell’uomo deve essere umile. Gli umili steli (le stroppe, come Chiavegatti ci ricorda che le chiamiamo a Melara) di cui è fatto il cestello, così flessibili e docili a piegarsi, sono simbolo dell’umiltà. È l’umiltà che intesse quel cestello, e lo rende così prezioso e regale da poter accogliere i cuori ardenti degli uomini salvati, cioè le vite dei santi.
Questo dunque è il messaggio che la Madre della Luce vuole comunicarci: il male ci circonda, e con violenza tenta di aggredirci da ogni parte, dal di fuori e dal di dentro, e noi viviamo in ogni istante questa lotta tra il bene e il male, questo scontro fra la luce e le tenebre. Umanamente non abbiamo le forze per difenderci; ma se abbiamo umiltà e fede Maria ci afferra e ci illumina della luce di Cristo. Con l’intercessione di Maria, avvolti da questa corazza di luce e con il fuoco dello Spirito in noi, avremo un cuore nuovo, “saremo” un cuore nuovo, umile, docile, disponibile alla preghiera e alla ricerca costante di Dio per essere da Lui incendiati d’amore.
Infine, e non certo perché di ultima importanza, in questo sacro dipinto domina la presenza della SS. Trinità: la Luce caratterizza tutta l’immagine, e rappresentando il Cristo Luce del mondo rappresenta anche il Suo Spirito, lo Spirito Santo, Luce della creazione. Anche il fuoco che infiamma i cuori è espressione dello Spirito Santo. “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre (Gesù risorto) conversava con noi lungo il cammino?”, dicono i discepoli di Emmaus.
Ed infine è al Padre che gli Angeli offrono il cestello con i nostri cuori; è per la gloria di Dio che i nostri cuori devono ardere.
Savino Chiavegatti sostiene che il Quadro della Madonna del Lume “è un’opera dogmatica e liturgica”.
E possiamo ben condividere un altro pensiero di Savino, di cui si è già detto, e cioè che questo dipinto “non sia fatto da mano d’uomo” (come avvenne per alcune antiche icone), o che almeno sia stato condotto secondo un’ispirazione divina: il pennello era nella mano dell’uomo, ma la mano dell’uomo era guidata da una mano soprannaturale.
In questa Tela senza tempo e senza confini c’è la vita del mondo e dell’umanità tutta, c’è la vita di ogni uomo che lotta sulla terra: quella di oggi, con tutti i pericoli che la minacciano e con tutte le forze divine che ci vengono offerte, e la nostra vita futura come dovrebbe essere, con un cuore docile e ardente che trascina con sé altri cuori, nella luce della santità.


 
 
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