I documenti - La Madonna del Lume di Melara

La Madonna del Lume di Melara
A cura di Mariadele Orioli e Fausto Soffiatti
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I DOCUMENTI

Il nuovo parroco di Melara, don Daniele Donegà, nel 2013 ha ritrovato in archivio parrocchiale importanti documenti relativi alla Donazione, tra cui il Rogito del notaio Antonio Borghi del 31 ottobre 1780; il Breve di Papa Pio VI con cui il Pontefice concede l’Indulgenza Plenaria Perpetua Quotidiana; la copia della Supplica di p. Arriaga che il gesuita inviò al Vescovo di Ferrara, card. Mattei, in cui, chiedendo la benedizione della nuova Immagine con la concessione delle indulgenze, chiedeva anche che, prima di essere sistemata definitivamente sopra il “suo” altare nella chiesa di Melara, venisse esposta nel Duomo di Ferrara per farne meglio conoscere l’Invocazione (cioè il nuovo titolo della Madonna); la “Memoria” dell’inaugurazione dell’altare, il Rescritto di Leone XIII con cui, nel primo centenario e soltanto per quell’occasione, il Papa applica l’indulgenza alla sola Immagine, che si voleva evidentemente spostare dal “suo” altare e sistemarla probabilmente nel centro della chiesa.


I TESTI DEI DOCUMENTI

1) - L’ATTO NOTARILE

Il missionario messicano p. Blas Arriaga ha donato alla chiesa di Melara la pala della Madonna del Lume con un Rogito del notaio Antonio Borghi, il 31 ottobre 1780, insieme con altre due piccole raffigurazioni della stessa Immagine e con la Teca delle Reliquie dei cinque missionari Martiri Gesuiti.
Questo Atto Notarile è particolarmente importante perché non è un documento soltanto legale, ma anche un documento religioso, in quanto pone le condizioni di un impegno morale che si estende ai posteri. Infatti l’Arriaga vuole che “resti a perpetua memoria sotto quali condizioni egli abbia donato” la preziosa Tela.
Facciamo notare che, se il missionario gesuita (che era “povero”, perciò sicuramente non abituato a operazioni giuridiche di questo tipo) aveva voluto non solo formalizzare così pubblicamente e solennemente il dono, ma anche imporre delle clausole con valore “religioso”, evidentemente non intendeva soltanto legittimare un suo lascito alla chiesa di Melara, ma voleva sottolineare lo straordinario valore spirituale di ciò che donava, che voleva fosse mai più dimenticato.

In primo luogo, il donatore condiziona il Dono alla consacrazione di un Altare specifico per la Madonna del Lume,
- da cui l’Immagine non doveva essere mai più spostata,
- e che doveva diventare “l’Altare principale” (ovviamente dopo l’Altare Maggiore).

Quindi si impegna a produrre personalmente tutti i documenti necessari a garantire l’autenticità dell’Immagine e l’approvazione del nuovo culto da parte della Chiesa. E vuole che tutti questi documenti vengano conservati nell’Archivio Parrocchiale.

Vuole altresì che vengano conservate “anche tutte le altre grazie che potessero procurarsi ad onore della Beatissima Vergine, ed a provocarne il culto”. Cioè impegna i melaresi non solo a coltivare con fede la nuova devozione, ma anche a diffonderla.

Infine, vuole che si conservi e si tramandi anche il ricordo della gioiosa accoglienza dei melaresi e del loro entusiasmo quando la Sacra Immagine fu spostata in solenne processione dalla chiesa di Santa Croce (la chiesa che si trova quasi sulla riva del Po, dove il Dipinto era stato portato al suo arrivo con la barca) fino alla chiesa parrocchiale di San Materno, processione a cui parteciparono anche le Autorità Civili.

Il testo dell’Atto, la cui calligrafia è di difficile decifrazione, è il seguente:

F.° 71 - Al nome di Dio adì 31 8bre 1780
Essendo venuto in determinazione il Mto Rdo Sigr. D. Biaggio Ariaga del Messico di donare a questa Chiesa un quadro rappresentante la SSma Vergine sotto il titolo di SSma Madre del Lume, e ciò affine di promuoverne la Divozione fin ad ora sotto di un tal titolo ignota; quindi perché resti a perpetua memoria sotto quali condizioni l’abbia egli donata, si è determinato di estendere la seguente Scrittura.
Primieramente è sua espressa volontà, che il deto quadro abbia da esser colocato sopra di un Altare da non rimoversi più.
Secondo, che aggiungendosi qualche altro quadro, il principale abbia ad esser sempre quello della SSma Madre del Lume, e non altro, sì che l’Altare abbia sempre ad avere questo e non altro titolo.
E perché non abbia mai questa determinazione ad esser sottoposta a cambiamento, si obliga il sud.o Sigr. D. Biaggio di procurare in autentica forma, anzi d’esibire quanto prima un Memoriale dal Rescritto dal quale apparisca l’approvazione di un tal culto, come altresì un Instromento stampato colle dovute licenze, ove costa l’approvazione dell’Ordinario della Santa Inquisizione di Bologna, e tutto quello che è necessario per verificare le cose contenute nella Tabella appesa avanti il quadro sopramentovato, col quale fu insieme presentata la sud.a Tabella della sua notizia, insieme con le due orazioni descritte nelle due tavolete. Tanto il Rescritto del Memoriale, quanto l’Instromento come sopra avrà da conservarsi nell’Archivio di questa Chiesa, e così si conservano anche tutte le altre grazie che potessero procurarsi ad onore della Beatissima Vergine, ed a provocarne il Suo culto.
Le quali cose tutte sotto le mentovate condizioni il Molto R.do Sig.r D. Carlo Ranzani Arciprete acceta ben volontieri, e promette una fedele osservanza.
Perché poi a lungo resti un motivo efficacissimo, onde tener viva sempre mai una tal divozione, succintamente si dica come senza la minima difficoltà, anzi con somma consolazione fu accetata la piissima esibizione, e come altresì il Popol tutto ne mostrò straordinario aggradimento nell’incontrare e nel trasportare dall’Oratorio di Santa Croce a questa Chiesa la SSma Imagine in Processione numerosissima coll’intervento anche del Conseglio di questa Terra.
E perché la p.nte Scrittura abbia ad avere il suo effetto sarà sottoscrita dal sud.o molto Rdo Sig.r D. Biaggio Arriaga e dal sud.o Rmo Sig.r Arciprete
Biagio Arriaga
Carlo Ranzani Arcip.e

In Christi Nomine Amen.
In mei Notarij infti presentia personaliter constituti admodum Rdm D. Blasium Arriaga e Messico, nunc in hac Terra Melariae …(parole non decifrate), et Rdm D. Carolum Ranzani Archipresbitum sup.ta Terra, qui recognosentes sup.tam Scripturam, dixerunt, declararunt, et testituere illam fuisse a me Not.° de eorum ordine, consensu, et voluntate scriptam, exinde ab eis respective subscriptam manu propria, et caractere, nec non in omnibus, et per omnia plenam observantiam promiserunt, pro ut sic!
Actum Melariae; hac die 31 8bris, instantis anni 1780: Ind.e XIII; ac sedente SSmo D.N.D. Pio VI: P.O.M.; et Domi archipresbiteralis.
Ita est, sic ut supra attestor. Ego Caietanus Antonius Borghi ex olim Dno Joseph natus, civis, et Aplica Implique authoritatibus Notarius publicus ferariensis, s.ptis omnibus interfui, et de eis rogatus exstiti.
In quorum fidem hic me subscripsi, et ut soleo signavi requisitus ad perpetuam memoriam.”

TRADUZIONE

“Nel Nome di Cristo. Amen. Alla presenza di me Notaio infrascritto costituiti di persona, precisamente il Reverendo Signore Biagio Arriaga del Messico, ora in questa Terra di Melara… (parole indecifrabili), ed il Reverendo Signore Carlo Ranzani Arciprete nella suddetta Terra, i quali rivedendo punto per punto la suddetta Scrittura, dissero, dichiararono, e testimoniarono che essa fu da me Notaio scritta per loro ordine, consenso, e volontà, quindi da loro rispettivamente sottoscritta di mano propria, e con propria forma di scrittura (“calligrafia”, precisa Chiavegatti), parimenti anche in tutto e per tutto promisero piena osservanza che sia così!
Fatto in Melara; in questo giorno 31 Ottobre, del presente anno 1780: indizione XIII^; e sedente il Santissimo Signore Nostro il Signore Pio VI, Pontefice Ottimo e Massimo; e nella Casa arcipretale. Così è, come tale sopra attesto.
Io Gaetano Antonio Borghi, nato dal già Signor Giuseppe, cittadino, e di Apostolica ed imperiale autorità Notaio pubblico ferrarese, a tutte le suddescritte cose assistetti, e perché di esse richiesto mi presentai. In fede delle quali cose qui mi sottoscrissi, e come sono solito dopo aver interpellato di nuovo le parti apposi l’impronta del mio sigillo a perpetua memoria.”

Il sigillo del notaio è apposto in alto a sinistra, sul terzo foglio.

Leggendo il testo dell’Atto Notarile si rimane profondamente colpiti da due cose:
- l’esigenza dell’Arriaga di imporre clausole così impegnative, che vincolavano non solo la comunità di allora che riceveva il Dono, ma anche i posteri;
- l’accettazione entusiasta di tali condizioni da parte della comunità di Melara, che vorrà erigere addirittura un Altare nuovo, di marmo, e lo farà “con gioia”, con la partecipazione e i sacrifici di tutti.

Appare evidente che sia l’Arriaga sia il Parroco sia i melaresi “conoscevano” il per noi misterioso motivo che giustificava tali clausole. Sì, anche i melaresi dovevano “sapere”: se il quadro non avesse avuto niente di speciale, non c’era motivo che Melara lo accogliesse con tanto entusiasmo, con tanta festa, con tanta solennità, addirittura con la presenza delle Autorità Civili (particolare, questo, molto significativo, se l’Arriaga ha voluto sottolinearlo nell’Atto).

Ci si impegnava anche affinché la “memoria” di una accoglienza popolare così calorosa venisse conservata come una testimonianza di fede per i posteri, insieme con le “altre grazie” che la Madonna del Lume avrebbe concesso a Melara, al fine di diffonderne il culto.
Ciò significa che si era tutti consapevoli che si trattava di un’Immagine miracolosa che richiedeva una sistemazione d’onore e che, avendo già concesso grazie, avrebbe continuato a concederne.

Essenziale è il punto dove vengono dettate le CONDIZIONI che si dovevano accettare per ricevere il dono, chiarissime e tassative.
Particolarmente perentorie e inoppugnabili sono le prime due, relative all’Altare:

1) - La prima clausola posta dal donatore è dunque la “sua espressa volontà, che il deto quadro abbia da esser collocato sopra di un altare da non rimoversi più”. Un altare fisso, perciò.

2) - La seconda clausola è che l’Altare della Madonna del Lume, debba “essere sempre il principale” (ovviamente, lo ripetiamo, dopo l’Altare Maggiore). E non deve essere mai cambiato il nome né al quadro né all’Altare.

Vi sono poi altre due condizioni che, anche se potrebbero sembrare di secondaria importanza, per il solo fatto che sono state poste come condizioni del dono, oltre al valore legale assumono un valore anche religioso:

3) – P. Arriaga chiede che vengano conservati nell’Archivio della Chiesa non solo i DOCUMENTI relativi alla Donazione, ma anche le GRAZIE ottenute per intercessione della Madre della Luce, evidentemente per testimoniarne la potenza miracolosa così da esaltarne il culto e diffonderlo, e affinché la devozione alla Madonna del Lume non si spegnesse mai.

4) - Infine vuole che si dica della straordinaria gioia, della folla festante, di tutto il Popolo, Consiglio compreso, accorso in Santa Croce ad accogliere la Santa Immagine, e la grandiosa processione per portarla da Santa Croce alla chiesa arcipretale di San Materno.

Per parte sua il Sacerdote messicano si impegna con obbligazione morale di presentare quanto prima tutte le carte necessarie.
Non si sa se l’Arriaga abbia poi fornito queste attestazioni.

Ma non è andata così.

Innanzitutto la clausola “prima” posta dall’Arriaga, e cioè la consacrazione di un altare dedicato alla Madonna del Lume da cui poi la Sacra Immagine non doveva più essere spostata, e che doveva diventare l’altare “principale” (proprio come nei santuari c’è un altare, una cappella un “luogo” dedicato alla Presenza che in particolare vi si venera), clausola che era stata puntualmente e “gioiosamente” soddisfatta, 150 anni dopo fu la prima a essere trasgredita, perché la Tela della Madonna del Lume venne spostata dal “suo” altare, e sull’altare che la comunità di Melara aveva eretto esclusivamente per la Madonna del Lume è stata posta l’immagine di San Giovanni Bosco.

I documenti parevano addirittura smarriti (forse erano stati dimenticati e non più cercati).
Smarriti anche gli ex voto e le testimonianze delle grazie ricevute dai melaresi.

Oggi, di fronte a questa documentazione ritrovata, non possiamo più permetterci di stabilire noi ciò che ci sembra meglio, decidendo magari di lasciare le cose come sono semplicemente perché ci siamo “abituati” da quasi settant’anni.
Al di là di ogni buona intenzione dello spostamento del Quadro realizzata un tempo e al di là di ogni abitudine di oggi, gli impegni formalmente assunti davanti ad un notaio vincolano anche noi, e se si prende atto dei termini dell’Indulgenza Papale è chiaro che non abbiamo nessun motivo e nessun diritto di trascurare o di ignorare le condizioni precise evidenziate dai documenti.
Condizioni che, oltre tutto, ci aprono gli occhi sulla preziosità dimenticata di un Dono e di un Privilegio.



2) - IL BREVE DI PAPA PIO VI: L'INDULGENZA PLENARIA PERPETUA QUOTIDIANA

Padre Arriaga spiega perché dona la Tela della Madonna del Lume alla chiesa di Melara con una “Scrittura” davanti a un Notaio: “… perché resti a perpetua memoria sotto quali condizioni l’abbia egli donata”.

Se il missionario messicano p. Arriaga aveva sentito l’esigenza di porre queste precise condizioni davanti a un Notaio, evidentemente era ben consapevole che non donava a Melara un quadro qualunque, ma un Dipinto davvero speciale, e voleva garantirsi che sarebbe stato onorato in modo adeguato sempre, anche in futuro. Ed evidentemente i melaresi ebbero questa fede e questa volontà, perché furono ben lieti di manifestare la loro riconoscenza alla Madonna contribuendo all’erezione di un altare nuovo, privilegiato, riservato alla Madonna del Lume, eretto accanto al Fonte Battesimale, cioè vicino all’acqua della Vita.
Un Altare bellissimo, in marmo, con un cartiglio pure di marmo in cui è inciso il Titolo nuovo della Vergine: “B.V. del Lume”.
Un Altare talmente esclusivo per la Madonna del Lume che, oltre a portare inciso il nuovo Titolo della Madonna, fu ornato anche da due statue di angeli che tengono ognuna in mano un cuore che arde: i cuori fiammeggianti sono il simbolo delle conversioni, il messaggio fondamentale del Dipinto; sono i cuori degli uomini illuminati e salvati dal Cristo Luce per l’intercessione della Madre della Luce, cuori infiammati di Spirito e ardenti d’amore. Un Altare eretto non soltanto per “vincolo legale”, non soltanto per “obbligo”, ma fortemente voluto dall’intera comunità e costruito con il contributo e i sacrifici di tutti.

Don Daniele ha ritrovato anche
- il Contratto per la costruzione di questo altare, redatto nei minimi dettagli (scelta dei marmi, composizione ecc.),
- le ricevute di pagamento,
- e un altro Atto Notarile in cui il 9 aprile 1795 si denunciava il ritardo della costruzione dell’altare.
Tutto dunque doveva essere documentato anche legalmente, a dimostrazione che si stavano assolvendo con la massima fedeltà gli impegni presi davanti al Notaio.

Due Atti Notarili dimostrano chiaramente che l’erezione di un nuovo altare per la Madonna del Lume era un requisito fondamentale ai fini della Donazione, una clausola così determinante da essere posta come condizione davanti a un Notaio; e l’adempimento di questo “obbligo” era talmente importante da dover essere da certificato davanti a un altro Notaio.

L’Altare fu consacrato il 26 settembre 1795 dal Vescovo francese Monsig. Emanuele Francesco Bousset, Vescovo di Frejus, emigrato dalla Francia durante la rivoluzione e rifugiato presso l’Arcivescovo di Ferrara card. Alessandro Mattei, che non potendo venire personalmente a Melara lo aveva mandato in sua vece.

Come prova conclusiva che erano state rispettate le condizioni imposte dall’Atto di Donazione, è stata conservata anche una “Memoria” della consacrazione dell’altare. Anche questo documento è stato ritrovato da don Daniele.

Ai lati dell’altare furono murate due lapidi di marmo.

Una lapide riporta il testo dell’Indulgenza plenaria perpetua quotidiana concessa da Papa Pio VI:

PIUS P. P. VI
SINGULIS XPTI FIDELIBUS
VERE POENITEN. CONFES. AC
SS. COMM. REFECT. HANC
ARAM VISITANT. ET HIC DE
EJUS MENTE ORANTIB.
PLENARIAM INDULGEN.
PERPETUO DURAT. VEL
ANIMABUS IN XPTO
QUIESCENT. PER MODUM
SUFFRAGII APPLICABIL.
CONCESSIT AN. MDCCLXXX

Il testo, scritto con molte abbreviazioni, era stato inciso in foglia d’oro zecchino. Senza abbreviazioni sarebbe:

Pius Pontifex Papa VI
singulis Christi fidelibus
vere poenitentibus confessis ac
santissima comunione referti hanc
aram visitantibus et hic de
ejus mente orantibus
plenariam indulgentiam
perpetuo duraturam vel
animabus in Christo
quiescentibus per modum
suffragii applicabilem
concessit anno MDCCLXXX

PAPA PIO VI PONTEFICE
AI SINGOLI FEDELI DI CRISTO
CHE VERAMENTE PENTITI CONFESSATI
E RISTORATI DALLA SANTISSIMA COMUNIONE
VISITANO QUESTO ALTARE
E QUI PREGANO
SECONDO LA SUA INTENZIONE
CONCESSE
L'INDULGENZA PLENARIA
DURATURA IN PERPETUO
APPLICABILE ANCHE IN SUFFRAGIO
ALLE ANIME IN CRISTO RIPOSANTI
ANNO 1780

Questa lapide venne murata a destra dell’altare.

A sinistra fu sistemata una seconda lapide che, mentre ricorda anche il Dono e il donatore, commemora l’atto ufficiale della consacrazione dell’altare (26 settembre 1795):

SACRAM SANCTISS. MATRIS
AETERNI LUMINIS IMAGINEM
USQUE AB ANNO MDCCLXXX
A BLASIO ARRIAGA
SACERDOTE MEXICANO
DONO DATAM MELARIAE
POPULUS COMMUNIS
PIETA(ti)S AERE MARMOREA
ELEGANTI ARA
LAETANTER ORNAT
ANNO MDCCVC

Tito Tosi riporta la traduzione fatta dall’Arciprete Don dal Pin: “Il popolo e la divozione comune col danaro adorna festivamente nell’anno 1795 di un Altare Marmoreo elegante la sacra Immagine della SS.ma Madre dell’Eterno Lume donata a Melara fin dall’anno 1780 dal Sacerdote Messicano Biagio Arriago”.
L’interpretazione che fa il Tosi di quell’aere (“denaro”) sottolinea la partecipazione anche “concreta” di tutta la nostra gente, che ha accettato “con gioia” di fare sacrifici per ringraziare la Madonna di aver riservato a Melara una tale grazia d’amore.

IL POPOLO DELLA COMUNITA’
PER DEBITO D’AMORE
GIOIOSAMENTE ORNA
DI UN ELEGANTE ALTARE DI MARMO
LA SACRA IMMAGINE
DELLA MADRE SANTISSIMA
DELL’ETERNO LUME
DATA IN DONO A MELARA
FIN DALL’ANNO 1780
DA BIAGIO ARRIAGA
SACERDOTE MESSICANO
ANNO 1795

Nel tempo si aggiunsero all’altare Tabelle votive ed Ex voto, come aveva richiesto padre Arriaga, a testimonianza delle “grazie ricevute” dalla Madonna del Lume.

Il 23 gennaio 1945 il parroco don Fortunato Dinarello ottenne dal Vescovo Guido Maria Mazzocco il permesso di spostare il Dipinto, con la condizione però di interpellare chi di dovere e dopo averne ricevuto l’approvazione.
Don Daniele ha trovato una lettera del Vescovo in risposta a un’altra lettera di don Dinarello:
“Curia Vescovile di Adria in Rovigo - Carissimo D. Fortunato, ho esaminato gli Indulti Pontifici ed eccoti il mio parere: (…) ritengo che il Breve di Pio VI perduri tuttora, nonostante il cambio dell’altare. Per il cambio del titolo di un altare occorre il consenso della S. Sede solo se si tratta di altare fisso; nel tuo caso mi pare non si trattasse di altare fisso. Ti restituisco i documenti. Cordiali saluti. Rovigo, 6 settembre 1947”.
Non si sa di quali documenti si trattasse, ma è chiaro che l’Atto Notarile “imponeva” che venisse consacrato un altare appositamente per l’Immagine della Madonna del Lume, da cui non venisse più spostata, e anche il testo del Breve Pontificio associa esplicitamente l’Indulgenza all’altare.

Come vedremo in seguito, il Rescritto di Leone XIII sarà una conferma del fatto che effettivamente l’altare era “fisso”, perciò per spostare la Sacra Tela si doveva ottenere il consenso dalla Santa Sede.
Per quanto riguarda poi l’Indulgenza, legata all’altare, con lo spostamento del quadro si sarebbe perduta (vedremo come le parole del Breve di Pio VI siano chiare e perentorie).

Noi cristiani sappiamo bene che, nello spirito biblico, il nome ha grande importanza.
Oltre a ciò, l’incisione del nuovo Titolo della Madonna sul cartiglio marmoreo sopra l’altare, ha chiaramente il senso di impedire ai posteri qualunque cambiamento.

Invece la Sacra Immagine fu spostata, e sistemata sopra il primo altare alla destra dell’Altare Maggiore. Anche se ciò fosse avvenuto con le migliori intenzioni, probabilmente per magnificare la Madonna del Lume e offrirle una posizione d’onore,
- essendo l’Indulgenza inseparabile dall’altare, se ne vanificò l’efficacia;
- si trasgredì alle condizioni del Dono poste dall’Arriaga;
- si venne meno all’impegno formalmente assunto davanti al notaio.

Le due lapidi annesse all’altare (quella della Donazione e quella dell’Indulgenza) furono levate con lo scalpello e messe da parte, in quanto non corrispondevano più all’Immagine di san Giovanni Bosco che era stata posta a sostituire la Tela della Madonna.
Ciò che doveva restare a testimonianza di un Dono che, si voglia o no, conteneva (e probabilmente conterrà sempre) un mistero, è andato smembrato e svilito. Una tradizione così autorevole e gloriosa si è andata poco a poco spegnendo. Recuperare quanto si è perduto è doveroso. Nei confronti della Madre Santissima del Lume prima di tutto e soprattutto, ma anche nei confronti del Donatore messicano, degli impegni solennemente presi davanti al notaio, della fede e della volontà dei melaresi di allora, e dei loro sacrifici per erigere quell’altare esclusivamente alla Madonna del Lume.

Negli anni Novanta il parroco don Mario Boaretto ha recuperato quelle importantissime lapidi sparite e le ha fatte sistemare in fianco all’Immagine della Madonna del Lume, ai lati dell’altare attuale, dove possiamo leggerle ancora oggi.

La nuova devozione approdata a Melara fu ritenuta così importante che addirittura si fece richiesta di un’Indulgenza Papale. 
Ed evidentemente Papa Pio VI già conosceva questo nuovo culto, perché in un tempo brevissimo, il 6 dicembre 1780, concesse un’Indulgenza Plenaria Perpetua Quotidiana, applicabile anche alle anime purganti, a tutti coloro che, rispettando le condizioni richieste dalla Chiesa, pregano davanti all’altare della Madonna del Lume.

Eccone il testo (le contrazioni delle parole latine le ho completate tra parentesi).

PIUS PP VI
Ad perpetuam rei memoriam.
Ad augendam Fidelium religio(nem: il foglio è bucato, sembra una bruciatura), et Animarum sal(ute)m coelestibus Ecclesiae thesauris pia charitate intenti; omnibus, et s(in)gulis utriusque sexus Xristifidelibus vere poeniten(tibus), et confessis, ac s(acra) Com(munio)ne refectis, qui Altare sub titulo B. Mariae Virginis vulgo de Lumine nuncup(atae), situm in Paro(chia)li Ecclesia S. Materni Terrae di Melara Ferrarien(sis) Dioeces(is), in quocumque anni die devote visitaverint, et ibi pro Xristianorum Principum concordia, haeresum extirp(ati)one, ac S. Matris Ecclesiae exaltatione pias ad Deum preces effuderint, Plenariam omnium peccatorum suorum Indulgentiam, et rem(issio)nem, quam etiam animabus Xristifidelium, quae Deo in charitate conjunctae ab hac luce migraverint, per modum suffragij applicare possint, misericorditer in D(omi)no concedimus. 
In contrarium facien(tibus) non obstan(tibus) quibuscumque.
P(raese)ntibus perpetuis futuris temporibus valituris.
Datum Romae apud S. Petrum sub Annulo Piscatoris Die VI.
Decembris MDCCLXXX. Pontificatus Nostri Anno Sexto.
I. Card. De Comitibus

Pio Papa VI
A perpetua memoria
“Con paterno amore, desiderosi di aumentare la religiosità dei fedeli e la salvezza delle anime con i celesti tesori della Chiesa, a tutti e ai singoli fedeli di Cristo di entrambi i sessi che, davvero pentiti, confessati e nutriti della santa Comunione, abbiano devotamente visitato in qualunque giorno dell’anno l’altare dedicato alla Beata Maria Vergine, popolarmente detta “del Lume” eretto nella Chiesa Parrocchiale di San Materno della Terra di Melara della Diocesi di Ferrara, ed ivi abbiano elevato devote preghiere a Dio per la concordia dei prìncipi cristiani, per l’estirpazione delle eresie e per l’esaltazione della Santa Madre Chiesa, misericordiosamente concediamo nel Signore l’Indulgenza Plenaria e la remissione di tutti i loro peccati, [grazia] che essi possano applicare anche a mo’ di suffragio alle anime dei fedeli di Cristo che abbiano lasciato questo mondo unite a Dio nella carità.
Le presenti concessioni saranno valide per tutti i tempi futuri, nonostante qualunque disposizione in contrario.
Dato in Roma presso San Pietro con il sigillo dell’Anello del Pescatore il 6 dicembre 1780, anno sesto del Nostro Pontificato. Innocenzo card. Conti”

Dunque, per ottenere questa preziosa Indulgenza, palesemente congiunta all’altare, dichiaratamente inseparabile dall’altare, immutabile e incancellabile, è necessario visitare devotamente l’altare dedicato alla Madonna del Lume, pregare per la pace tra i regnanti cristiani, per l’estirpazione delle eresie e per l’esaltazione della Chiesa.
Le condizioni per ottenere l’Indulgenza sono il pentimento, la Confessione e la Comunione.

Certamente sono la fede e la devozione alla Madre di Dio che contano, ma è evidente che nella devozione alla Madonna del Lume di Melara l’Altare ha un ruolo indiscutibile.
Se padre Arriaga volle condizionare il Dono della Tela alla nostra chiesa con la consacrazione di un altare “esclusivo” per la Madonna del Lume, e lo ha imposto nell’Atto Notarile, significa che la nuova devozione alla Madonna del Lume era stata ritenuta talmente importante, talmente autorevole il suo messaggio e talmente forte la sua potenza miracolosa, da ottenere
- non solo un’Indulgenza così importante e in così breve tempo da parte del Pontefice,
- ma anche da riservarle un “luogo” tutto Suo, come una cappella consacrata al Suo culto.
E i melaresi vollero erigere un altare “nuovo” per la Madre di Dio giunta misteriosamente dal Messico con un Titolo “nuovo”.

Non è certo senza motivo che in molte delle Sue apparizioni la Madonna stessa chieda un “luogo” per Sé, una “cappella” dove venerarla, una “chiesa”, cioè un luogo dove incontrarla e un altare dove pregarla, come è avvenuto a Lourdes, come anche nel vicino Santuario della Comuna.
L’altare poi è importante proprio in quanto tale, perché è la Mensa del Sacrificio: una Messa celebrata su quell’altare è perciò particolarmente congiunta anche alla misericordia di quella Madre e alle prerogative del suo Titolo specifico, alla grazia che Dio elargisce a quel nome.

Il nome è parte integrante dell’immagine sacra.
È la constatazione di una presenza, conferisce all’immagine la sua sacralità e garantisce la sua forza spirituale.
Il nome non è solo un titolo esteriore, ma è comunicazione alla sostanza dell’originale, e attribuisce alla immagine la sua entità. 
E se un Titolo viene “scelto” dalla stessa Madre di Dio e poi inciso sopra l’altare eretto appositamente ed espressamente per Lei, questo Nome e questo altare hanno un valore di grazia particolare. 
Se poi a questo altare e a questa Immagine viene applicata un’Indulgenza Papale Perpetua Quotidiana, mi sembra che quel “luogo” è veramente “santuario”.

La comunità di Melara, nella sua chiesa (che sembra veramente una cattedrale costruita apposta per accogliere un giorno una Presenza speciale), ha eretto alla Madre SS.ma del Lume un bellissimo altare di marmo, con inciso il nuovo Titolo della Madonna, e l’ha ornato con i simboli del nuovo messaggio mariano: gli Angeli che Le offrono cuori ardenti.

Le condizioni dell’Atto di Donazione sono chiarissime.
E chiarissime sono le parole del Breve Pontificio di Pio VI:

“…qui Altare sub titulo B. Mariae Virginis vulgo de Lumine nuncupatae, situm in Parochiali ecclesia S. Materni Terrae di Melara”.

Cioè: “…a tutti i fedeli che abbiano devotamente visitato in qualunque giorno dell’anno l’altare dedicato alla Beata Maria Vergine, popolarmente detta “del Lume”, eretto nella chiesa parrocchiale di Melara, e qui abbiano elevato devote preghiere a Dio, misericordiosamente concediamo nel Signore la remissione di tutti i loro peccati e l’indulgenza plenaria…

Le presenti concessioni saranno valide per tutti i tempi futuri, nonostante qualunque disposizione in contrario”.
Cioè: “tutto quanto è scritto sopra (quindi anche la condizione della “visita all’altare designato sotto il titolo della Madonna del Lume”, che è appunto una delle clausole poste nell’Atto Notarile della Donazione) sarà valido per tutti i tempi futuri”. Quindi “per sempre”. Quindi anche per noi, oggi.

Perciò soltanto l’altare eretto espressamente per la Madonna del Lume e che porta il suo Nome è “il Suo altare”, soltanto “quella” è la Sua “cappella”, “quello” è il luogo fisico del nostro incontro con Lei. Là, e solamente là, vale l’Indulgenza. E vale “per sempre”.



3) - LA LETTERA DI SUPPLICA di padre Arriaga all’ARCIVESCOVO di FERRARA Card: MATTEI

Padre Arriaga inviò all’Arcivescovo di Ferrara, card. Alessandro Mattei, una LETTERA DI SUPPLICA in cui, chiedendo la benedizione della nuova Immagine con la concessione delle Indulgenze, chiedeva anche che venisse esposta nel Duomo di Ferrara per far conoscere l’Invocazione, cioè il nuovo Titolo della Madonna.
Il nostro parroco don Daniele ha trovato anche questa Lettera.
Eccone il testo:

A Sua Ecc. Rev.ma Mons. Alessandro Mattei, Arcivescovo di Ferrara –
Per Il Sacerdote Biagio Arriaga -
Eccellenza Rev.ma, il Sacerdote Biagio Arriaga umilissimo servo di V.a Ecc.a Rev.ma supplica istantemente, ch’Ella si degni di approvare, e benedire una Sacra Immagine della MADRE SS.ma DEL LUME, concedendo ad onore di Lei delle Indulgenze; ed accordando, che sia portata al Suo Palazzo colla Sua Notizia, e con altre due tavolette contenenti due Orazioni: che poi l’Oratore cercherà qualche sito, dove esporla alla pubblica venerazione in una Chiesa delle più frequentate pel suo maggior culto: il cui accrescimento si procurerà eziandio colla distribuzione delle Sue Immagini in carta, e delle Sue Novene, e con una altra Grazia Pontifizia da impetrarsi dopo la Sua collocazione. Ma mentre si trova in tal luogo opportuno, è pregata V.a Ecc.a Rev.ma a permettere che sia per alquanti giorni esposta sopra un tavolino in uno de’ cantoni del Duomo presso l’Altare di Fontana: perché sia da tutti conosciuta sotto la Sua Onorevolissima Invocazione, sì propria del nostro secolo, e dell’Italia. Che della grazia…”

La Lettera si interrompe così.

L’altare fatto erigere dal Vescovo Fontana stava nella prima cappella a sinistra, entrando nel Duomo di Ferrara, dove ora si trova il Battistero.

Chiavegatti aveva ricopiato anche questa Lettera.
Fa poi notare che manca la data; che comunque dovrebbe essere fra il 17 febbraio 1777, giorno in cui il card. Mattei divenne Arcivescovo di Ferrara, e il 31 ottobre 1780, giorno in cui fu firmato a Melara, davanti al notaio, l’Atto di Donazione della Sacra Immagine.
Inoltre Chiavegatti sottolinea che questo foglio probabilmente non è l’originale, ma una copia conservata dal missionario messicano.
Poiché la Lettera è incompleta, il Chiavegatti suppone che il missionario abbia “lasciato in sospeso i convenevoli finali”.
Per quanto riguarda la “NOTIZIA” cui si fa cenno nella lettera, il Chiavegatti dice di ignorarne l’esistenza e il contenuto: “Posso soltanto congetturarla come uno scritto riguardante chissà, la storia dell’Immagine… Era di sicuro un documento di fondamentale importanza e lascio immaginare quanto varrebbe il suo ritrovamento”.

In questa Lettera, l’Arriaga accenna a “due altre tavolette contenenti due orazioni”.
Potrebbero corrispondere ai due tondi che si trovano uno, con contorni blu e oro, nella sacrestia della chiesa di Bergantino, allora dipendente da Melara, che riporta il nuovo Titolo della Madonna del Lume su un cartiglio che sta alla base; un tondo analogo si trova nella sacrestia della chiesa di Ceneselli.

L’Arriaga chiede poi all’Arcivescovo l’impegno di diffondere la sacra Immagine e il nuovo culto, invitando a trovare “qualche sito, dove esporla alla pubblica venerazione in una Chiesa delle più frequentate pel suo maggior culto: il cui accrescimento si procurerà eziandio colla distribuzione delle Sue Immagini in carta, e delle Sue Novene…”.

Ciò che importa sottolineare è l’urgenza di p. Arriaga
- di far conoscere questa nuova Immagine della Madre di Dio con il Suo nuovo Titolo,
- di diffonderne il culto anche divulgando le preghiere specifiche per invocarla e ottenerne grazie,
- e la volontà di richiedere l’Indulgenza Papale (la “Grazia Pontifizia”) dopo la collocazione definitiva della Sacra Immagine sopra un “Suo” altare.

Potrebbe essere stato lo stesso Arriaga, magari tramite l’Arcivescovo di Ferrara, a richiedere al Papa Pio VI la concessione dell’Indulgenza per Melara.

Nella Lettera inoltre, come nota anche Chiavegatti, colpisce il collegamento che l’Arriaga fa del nuovo Titolo mariano con il “nostro secolo”, cioè con il “secolo dei lumi”, il secolo dell’Illuminismo.
Colpisce inoltre anche il riferimento che p. Arriaga fa all’Italia: la Madonna del Lume, dipinta a Palermo, nella punta più estrema dell’Italia meridionale, ha peregrinato nel mondo per poi fermarsi a Melara, nell’Italia settentrionale, abbracciando in tal modo, idealmente, tutto il nostro Paese.
Un’Immagine e una devozione, dunque, non solo per Melara, ma per l’Italia intera.
E, oggi possiamo dirlo, per tutto il mondo, poiché il culto si è rapidamente esteso ovunque.



4) - LA “MEMORIA” DELLA CONSACRAZIONE DELL’ALTARE

È il terzo documento ritrovato da don Daniele.
Si tratta di un ricordo della Festa della consacrazione dell’altare della Madonna del Lume, un’ulteriore testimonianza, anche per i posteri, della serietà con cui si erano doverosamente rispettate le clausole del Dono e della solennità con cui si era voluto onorarlo.
Il fatto stesso che questo documento sia titolato “Memoria”, dice che:
- si riteneva importante documentare che la “nuova” Immagine della Madonna era stata solennemente intronizzata sopra un altare esclusivamente “Suo”, secondo le clausole stabilite nell’Atto Notarile,
- si voleva fissare e tramandare il ricordo di quella grande Festa, con i particolari più significativi (la benedizione dell’altare, l’orchestra, la musica, il canto delle Litanie della Vergine, la Messa solenne cantata, l’omelia del Vescovo, e perfino la tonsura di un chierico), affinché nessuno potesse dimenticare, come aveva chiesto p. Arriaga.


MEMORIA
Nel dì 25 Settembre 1795 il Marmorino Fran.co Massari veronese diede l’ultima mano all’Altare della Madre Santissima dell’Eterno Lume. Sino dallo scaduto anno l’Ill.mo Rev.mo Monsig. Emanuele Fran.co Bousset Vescovo di Frejus emigrato dalla rivoltosa Francia, erasi rifugiato presso all’E.mo N.° Arcivescovo Alessandro Mattej. Trovandosi questi occupato nel corrente Autuno ed applicato alla Sagra Visita Pastorale, Monsig. Vescovo fu benignamente accolto nella Sua Villeggiatura di Melara da Sua Ecc.za il M.e Guido Villa. Essendo egli sì bene à portata di insignemente condecorare la prima funzione al Nuovo Altare, fu da me supplicato à degnarsi di pontificalmente a benedire l’Immagine e insieme l’Altare, e molto più a cantare la Messa. Previa la intelligenza dell’Em.o nostro Pastore, benignamente si apprestò ad aggraziarmi. Si erano procurate le dimissorie per conferire la prima Tonsura a certo Luigi figlio di Antonio Bianchini, e ben volentieri accetò di conferirla. Apparata per tanto la Chiesa, e molto più nobilmente vestita la Capella, qui arivati venti e professori e dilettanti di musica e di orchestra circa le 22 de’ 26 corrente corteggiato dai Signori del Paese, assistito dal nostro Claro Monsig. Vescovo dalla Canonica si portò all’Altare Maggiore, ove era eretto decoroso Trono, si apparò pontificalmente e conferita la P.ma Tonsura al suindicato Chierico si portò alla Capella della M.S.S.ma, benedì l’Immagine e l’Altare: terminata la benedizione, furono cantate in egregia musica le litanie di Maria Santissima, dopo le quali Monsig. Vescovo licenziò il popolo colla Sua Benedizione.
Nella seguente Matina, giorno in cui correva la Domenica decima ottava dopo la Pentecoste, all’Altare Maggiore cantò la Messa pontificalmente, e all’Evangelio fu dal Sig.r D. Fran.co Finetti nostro Sacerdote ferrarese recitato un panegirico veramente degno di tal Funzione. Nel dopo pranzo furono parimenti cantati i Vesperi in abiti pontificali dal degnissimo Vescovo, i quali per la famosa vicenda di nobili canti, e più egregi suoni terminarono alla mezz’ora di notte. Fu immenso il concorso a questa inusitata Funzione, e a laude e gloria di Maria Santissima partirono tutti contenti, e soddisfatissimi, poiché la Funzione in tutte le sue parti riuscì piena di molta pietà e d’inaspettato decoro”.

Chiavegatti aveva visto e ricopiato anche questo testo.

E scrive: “Era l’Altare voluto da tutto il paese, l’Altare allora allora lasciato dall’ultima carezza del marmorino per ricevere l’incantevole Immagine, vera icona simbolica di un’idea assoluta, immutabile ed eterna, un santo talismano quasi, se m’è lecito dire, dalla forza ispiratrice e salvifica, dono inesplicabile d’uno straniero errabondo e povero, ma dono degno d’un re”.
A margine, poi, precisa e commenta:
“ Melara, sabato 26 settembre 1795, ore 22 circa. Da un po’ di tempo Melara ospita un Vescovo francese. L’ospitalità gli è stata offerta dal Marchese Guido Villa qui nella sua villeggiatura di Melara. Celebrante di tutti i sacri riti, sia del sabato sia della Domenica è lo stesso Vescovo. Sono riti solenni e suggestivi. La Chiesa è tutta parata a festa, gremita di fedeli. Nella cantorìa hanno preso posto venti e professori e dilettanti di musica e di orchestra. Terrà il panegirico un predicatore di Ferrara. L’Altare, or ora rifinito, fulgente nei colori più freschi e vivi dei suoi marmi, ammirabile, attende di essere benedetto ed accoglie già la Sacra Immagine della Madonna del Lume.
Melara, Domenica 27 settembre 1795, alla mezz’ora di notte terminano le Funzioni. Si sono svolte in tre tempi fra il sabato e la Domenica. Fu immenso il concorso, scrive il relatore, a questa inusitata Funzione.
In questa relazione mi stupisce quel che concerne le ore.
Le Funzioni cominciano alle ore 22 del sabato. Le Funzioni pomeridiane della Domenica finiscono alla mezz’ora di notte.
Alle 22, a fine settembre, è buio pesto. L’illuminazione pubblica non esisteva. Nelle case si accendevano lumi con olio di scarto. In Chiesa bruciavano i ceri, ma fuori erano tenebre. A quel tempo Melara era dentro ad una grande rete di fosse, larghe e profonde, e le strade erano sentieri, e la piazza non c’era, perché lì seppellivano i nostri morti, lì stava il cimitero. È mai possibile una festa, un immenso concorso, in ore così, in luoghi che, già di per se stessi impervi, l’oscurità doveva rendere quasi impraticabili? Sicuramente è una questione di termini. Secondo il calendario di Renzo nei Promessi Sposi (quando le ore si cominciavano a contare con l’inizio del buio), la mezz’ora di notte andrebbe intesa come mezz’ora dopo il tramonto (quasi notte, “mezza” notte), e le ore 22 del sabato potrebbero essere le quattro del pomeriggio, due ore prima del tramonto.”

Poi Chiavegatti precisa:
“La Memoria fa entrare nella nostra storia alcuni altri personaggi.
Due di essi sono tali da non poter essere lasciati passare inosservati: uno è il Vescovo di Frejus e l’altro è un grande signore, il marchese Villa.
Mons. Bausset è un fuoruscito, un profugo, emigrato dalla sanguinosa Francia rivoluzionaria, e benedisse l’Altare della Madonna del Lume il 26 settembre 1795.
Il marchese Guido Villa, nato a Ferrara nel 1733, possedeva diversi feudi, tra cui anche Melara. Il suo trisavolo, marchese Giovanni Villa, è ricordato nella targa lapidea dell’Arco Chigi come promotore e fautore del Mercato Libero di Melara.”



5) - Il RESCRITTO di PAPA LEONE XIII

Don Daniele ha trovato anche il Rescritto di Papa Leone XIII, cioè la “risposta” papale a una richiesta che gli fu presentata.
Evidentemente, nel 1880, in occasione del Primo Centenario, si voleva spostare l’Immagine della Madonna del Lume per esporla forse accanto all’Altare Maggiore, al fine di solennizzare ancora di più l’evento.
Spostando però il Dipinto dal suo altare, sarebbe venuta a mancare la condizione dell’Indulgenza, che non sarebbe più stata valida.
Perciò fu fatta richiesta al Papa di concedere, per quella occasione, un’Indulgenza speciale, connessa soltanto all’Immagine.
E Papa Leone XIII la concesse:

Leo PP. XIII
Universis Christifidelibus praesentes Litteras inspecturis salutem et Apostolicam Benedictionem. Cum, sicut accepimus, in Ecclesia Parochiali loci vulgo “Melara” nuncup(atum) Dioecesis Adrien. Centenaria Solemnia ad memoriam faustissimi diei recolendam, quo ibi Sacra B.M.V. Imago tituli Matris Aeterni Luminis primitus fidelium venerationi exposita fuit, celebranda sint, Nos ad augendam fidelium religionem et animarum salutem coelestibus Ecclesiae thesauris pia charitate intenti, omnibus et singulis utriusque sexus Christifidelibus vere poeniten(tibus) et confessis ac S. Communione refectis, qui praefatam Ecclesiam Sacramque B.M.V. Imaginem Dominica quarta Septembris praesentis anni, vel uno quo cuique libeat ex tribus supplicationis diebus memoratum festum antecedentibus vel item ex septem diebus continuis immediate subsequentibus hoc anno devote visitaverint, ibique pro Christianorum Principum concordia, haeriesum extirpatione, peccatorum conversione ac S. Matris Eccl(esi)ae exaltatione pias ad Deum preces effuderint, dummodo piae in triduum supplicationi praedictam festivitatem antecedenti, quotidie interfuerint, quo ex dictis die id egerint, plenariam omnium peccatorum suorum indulgentiam et remissionem, quam etiam animabus Christifidelium quae Deo in charitate coniunctae ab hac luce migraverint, per modum suffragii applicari posse misericorditer in Domino concedimus.
Praesentibus hoc anno tantum valituris.
Datum Romae apud Sanctum Petrum sub Annulo Piscatoris die X Septembris MDCCCLXXX. Pontificatus Nostri Anno Tertio. Th. Card. Mertel
Curia Ecclesiastica della Diocesi di Adria - Visum et qua decet reverentia, receptum admittimus Adriae, ex Curia Episcopali die 17 Septembris 1880


Papa Leone XIII
“A tutti i fedeli di Cristo che prenderanno visione della presente lettera, salvezza e apostolica benedizione.
Poiché, come abbiamo appreso, nella chiesa parrocchiale del luogo comunemente chiamato “Melara”, della Diocesi di Adria, si devono celebrare i solenni centenari per commemorare il felicissimo giorno in cui la sacra immagine della Beata Maria Vergine col titolo di Madre dell’Eterno Lume fu esposta per la prima volta alla venerazione dei fedeli, Noi, con paterno amore, desiderosi di aumentare la religiosità dei fedeli e la salvezza delle anime con i celesti tesori della Chiesa, a tutti e ai singoli fedeli di Cristo di entrambi i sessi che, pentiti, confessati e nutriti della santa Comunione, avranno devotamente visitato, [solo] quest’anno, la suddetta chiesa e la sacra immagine della Beata Maria Vergine nella quarta domenica di settembre dell’anno in corso, o in uno qualunque dei tre giorni di preghiera che precedono la ricordata festa, o parimenti in uno qualunque dei sette giorni immediatamente seguenti, e qui abbiano elevato a Dio devote preghiere per la concordia dei Principi Cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione della Santa Madre Chiesa, purché durante il triduo abbiano partecipato ogni giorno alla devota supplica precedente alla suddetta festività; nel giorno in cui abbiano fatto ciò secondo le indicazioni riportate, misericordiosamente concediamo nel Signore l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati, [grazia] che si può applicare anche a mo’ di suffragio alle anime dei fedeli di Cristo che siano uscite da questo mondo unite a Dio nella carità.
Le presenti disposizioni saranno valide soltanto per quest’anno.
Dato in Roma presso San Pietro con il sigillo dell’Anello del Pescatore il 10 settembre 1880, anno terzo del Nostro Pontificato.
Teodolfo card. Mertel
Curia ecclesiastica di Adria. Visto e accolto con la debita riverenza, riceviamo in Adria.
Dalla Curia episcopale, il 17 settembre 1880.”

Dal Rescritto si deduce senza ombra di dubbio che spostando l’Immagine della Madonna del Lume dal Suo altare sarebbero venute a mancare le condizioni poste dal Breve di Pio VI.
L’Indulgenza di Papa Leone XIII, dunque, veniva straordinariamente applicata soltanto all’Immagine e si poteva lucrare solo in quell’anno, una volta sola e non ogni giorno, ma soltanto nel giorno stabilito dal fedele, che poteva scegliere: o uno dei tre giorni precedenti la Festa, o uno dei sette seguenti la Festa, o il giorno stesso della Festa, ossia la IV domenica di settembre (26 settembre 1880).
Inoltre, per ottenere l’Indulgenza occorreva partecipare a tutto il triduo di preparazione (23-25 settembre 1880); visitare devotamente la chiesa e la Sacra Immagine nel giorno fissato dal fedele per l’Indulgenza; pregare per la pace tra i regnanti cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori (cosa che non era menzionata nel Breve di Pio VI), e per l’esaltazione della Chiesa.
Le condizioni per ottenere l’Indulgenza rimanevano le stesse: contrizione, Confessione e Comunione.

 
 
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